SCHIAVE
RIBELLI
Africa
il continente dimenticato
Eva
era nera
Segue
da pag.1
Comincia nella Rift Valley la storia dei nostri,
personali, antenati.
È, prima di tutto, la storia di una scimmia molto pacifica
che andò a vivere in riva al mare. Lì si sollevò
sulle zampe posteriori e su quelle gambe fece molta strada. Di questa
scimmia sappiamo che doveva essere simile agli attuali Bonobo, una
scimmia molto simile allo scimpanzé.
I Bonobo sono molto più simili a noi, geneticamente, di
tutti gli altri scimmioni. Sono i nostri più stretti
parenti. Alcune tribù africane li considerano addirittura
"umani".
Non
sono semplicemente pacifici, sono dei veri maniaci della pace,
tanto che se nasce un contrasto subito si mettono a fare sesso
per sciogliere la tensione. Omosessuale o eterosessuale non
importa. E se due gruppi di Bonobo si incontrano vicino a un
albero carico di frutta invece di contenderselo fanno un'orgia
e poi si dividono amorevolmente i frutti. |
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I
maschi non sono aggressivi e si occupano dei piccoli quasi come
le madri. Vivono a lungo e mantengono i caratteri somatici degli
adolescenti. Tanto che per lungo tempo non furono identificati come
gruppo a sé stante ma scambiati per giovani scimpanzé.
Quando
la nostra antenata scimmia cominciò a chiamarsi Homo Sapiens
era già come noi, o meglio, era quello che siamo ora noi
(perché geneticamente identico). Se potessimo prendere un
Homo Sapiens di 100.000 anni fa e trasportarlo nel futuro potrebbe
fare il rappresentante o l'avvocato e nessuno penserebbe mai di
rinchiuderlo in uno zoo. E questo nostro antenato ha una particolarità:
è nero.
Vi era un tempo nel quale eravamo tutti neri. Gli africani lo sanno
e molti di loro hanno paura che l'episodio possa ripetersi.
I Bambara e i Kikuyu, ad esempio, non fanno sesso durante il
giorno nel timore che il bambino, come un rullino esposto al sole,
possa nascere tutto bianco. E chissà perché, nonostante
la consolidata superiorità della razza bianca, solo l'idea
gli mette l'orticaria.
Vi
sono splendide ricerche genetiche (quelle condotte da Luigi Luca
Cavalli-Sforza, ad esempio) che mostrano come l'uomo moderno abbia
avuto origine in Africa. Come ci sono riusciti?
Nelle nostre cellule c'è una membrana che isola un filamento
di materiale genetico che si può seguire benissimo nel corso
dell'evoluzione. Queste piccole unità si chiamano mitocondri
e sono ereditate solo dalla madre. Una donna che ha solo figli maschi
non può trasmettere la sua eredità mitocondriale ed
essa viene perduta. Insomma come una sorta di cognome che viaggia
da madre in figlia. Analizzando i mitocondri è stato possibile
rintracciare la donna dalla quale tutti discendiamo. Una sorta di
Eva (anche se non è esatto perché essa, a sua volta,
avrà avuto genitori). Questa prima donna, questa nonna comune,
è vissuta in Africa centinaia di migliaia di anni fa.
In effetti le nostre progenitrici erano poche donne nere. Evidentemente
l'umanità passò un momentaccio. Eravamo quasi estinti
poi... (Cioè, quando si dice che siamo tutti fratelli è
perché siamo una razza incestuosa.)
Questi
nostri progenitori di neri, giunti in Europa, si sono sbiancati,
in America arrossati, in oriente ingialliti. Il colore nero della
pelle, infatti, protegge dalle scottature coloro che vivono vicino
all'equatore. Ma più si sale verso nord più occorrono
abiti per coprirsi dal freddo. Il sole 6 meno forte e raggiunge
soltanto poche zone del corpo. Ma il sole è fondamentale,
le sue radiazioni consentono la produzione di vitamina D che rinforza
le ossa. Così le parti scoperte dovevano essere poco protette
dal sole e in tal modo garantire la produzione di vitamina necessaria
anche alle altre parti del corpo.
Più l'uomo andava a nord più la sua pelle doveva
modificarsi. A causa delle differenze di clima anche la faccia e
il corpo dovevano modificarsi. I mongolici hanno sviluppato alcuni
caratteri somatici per reagire al freddo. Il naso è diventato
più piccolo per permettere all'aria di arrivare ai polmoni
più lentamente, gli occhi sono diventati più stretti
per contrastare il riverbero della neve e, per evitare il congelamento,
le palpebre sono diventati dei veri cuscinetti di grasso protettivi.
Ecco:
scoprire che i nostri antenati erano tutti neri dovrebbe indurre
al suicidio tutti i razzisti. Ma abbiamo poche speranze che lo facciano
veramente. Questi nostri progenitori dopo essersi evoluti in Africa
gli umani si diffusero in Asia e si modificarono per far fronte
al freddo. Noi europei deriviamo da questi asiatici ma siamo il
frutto di successive unioni con nuove ondate di africani (alla faccia
della razza pura). Infatti non abbiamo gli occhi piccolissimi come
i mongolici e anche lo strato di grasso superficiale, rispetto a
loro, è ridotto.
Così,
come ogni povero Cristo, anche il più nobile tra i nobili,
orgoglioso e fiero del suo blasone, se andasse abbastanza indietro
nel suo pomposo albero genealogico arriverebbe a trovare solo
avi color dell'ebano e si troverebbe davanti a due possibilità:
o farla finita con i pregiudizi di razza o tenere la verità
nascosta.
Neanche a dirlo si è continuato a scegliere la seconda.
Nessuno si è sognato di dire a Hitler la verità:
i tuoi antenati erano neri come la pece, fattene una ragione.
I primi colonizzatori non volevano crederci. Partivano da un
presupposto puerile: se un bianco al sole si scurisce e un nero
al freddo resta tutto marrone la razza originaria, quella che
non muta, deve essere quella bianca.
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Per
di più studi linguistici sull'Africa dimostrano che le lingue
africane derivano tutte da un'unica lingua sviluppatasi nell'Età
della Pietra e tale lingua d'origine, che ci permette ora di andare
all'università e tenere comizi, ebbe origine in Africa.
Non solo il linguaggio vede i suoi natali nel continente nero: tutte
le prime forme di tecnologia sono nate in Africa. Il coltello, l'ascia,
il punteruolo, la concia delle pelli, la tessitura, la ceramica,
la cucina, la medicina, la matematica, l'agricoltura.
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